Andrea Sutto recensisce “Il ritorno dell’economia della depressione e la crisi del 2008”

Tra il 2007 e il 2008, il mondo ha sperimentato la più grave crisi economica e finanziaria dai tempi della Grande Depressione degli Anni ‘20. Scatenata dallo scoppio di una bolla immobiliare negli Stati Uniti, si è rapidamente diffusa in tutto il globo causando nel breve e medio termine la perdita di milioni di posti di lavoro e la chiusura di decine di migliaia di aziende. Già autore dieci anni prima di un volume dedicato alle crisi in America Latina e Asia, il premio Nobel per l’economia del 2008 Paul Krugman ha scritto a poca distanza da quei tragici eventi “The Return of Depression EconomicsIl ritorno dell’economia della depressione e la crisi del 2008”. Si tratta di un volume, pubblicato da Garzanti, nel quale lo studioso affronta alla radice la questione, evidenziando le pesanti distorsioni di un’economia mondiale trainata da una finanza priva di ogni forma di controllo da parte delle autorità statali. Sono gli effetti della cosiddetta “Deregulation”, una politica avviata negli anni ’80 sulla base delle teorie della Scuola di Chicago (tra i cui membri rientra il noto Milton Friedman). Portata avanti nel corso dei decenni successivi, la deregolamentazione ha sicuramente generato dei vantaggi, spingendo la crescita dell’economia. L’espansione tuttavia, spiega l’autore, ha creato le basi di una delle peggiori crisi finanziarie, e successivamente, industriali, dell’era moderna. Secondo Paul Krugman per uscire da questa situazione occorre identificare nuove soluzioni, distaccandosi dall’utilizzo delle tradizionali ricette come l’austerità e rientro del debito pubblico. Seguace della visione di Keynes, lo studioso americano ne attualizza gli insegnamenti, ricordando come l’intervento dello stato sia fondamentale per far ripartire l’economia.

Andrea Sutto

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