Prima di diventare un impero grazie all’opera della dinastia Qin, la Cina ha attraversato una fase caratterizzata dalla presenza di numerosi regni in lotta tra loro, denominata “Periodo degli Stati Combattenti”. Figlio di questo tempo, il generale Sun Tzu produsse nel III secolo a.C. un trattato militare la cui eredità è giunta sino a noi. Non tanto in virtù degli insegnamenti sul modo di condurre gli eserciti e la guerra, ormai anacronistico, quanto invece per la sua preziosa disamina sulle dinamiche competitive esistenti tra gli esseri umani. Nonostante la veneranda età, “L’Arte della Guerra” è un’opera la cui filosofia di fondo può essere infatti attualizzata e messa in pratica nella vita di tutti i giorni. Il conflitto e le armate divengono dunque metafora delle sfide e delle difficoltà a cui siamo chiamati a rispondere, così come i suggerimenti sulla preparazione della battaglia si trasformano in un compendio utile a prepararci in vista degli obiettivi a cui aspiriamo. Redatte sotto forma di aforismi e divise in capitoli, le parole di Sun Tzu ci ricordano che il successo non dipende solo dalla forza: un generale deve saper cogliere la vittoria adattando le proprie strategie in base alle contingenze del momento. È necessario inoltre conoscere profondamente il proprio nemico e se stessi, così da poter sfruttare le debolezze avversarie a nostro vantaggio. La filosofia del generale cinese è cinica e razionale, tanto da anticipare di molti secoli il pensiero di Niccolò Machiavelli. Molti personaggi passati alla storia hanno trovato inoltre ispirazione dalla lettura dell’Arte della Guerra: da Napoleone a Lawrence d’Arabia. Motivo per il quale l’opera è divenuta d’obbligo soprattutto per i professionisti attivi in ambienti molto competitivi, come nel caso di dirigenti d’azienda e manager.
Andrea Sutto